“In un futuro vicino al nostro presente, Jun torna a casa dopo aver servito il suo paese in una guerra impopolare. Isolata e malvista nella sua stessa città, segnata nel corpo e nella mente, il suo unico desiderio è sprofondare nell’oblio che solo le pillole sanno regalarle. La gentilezza di una sconosciuta e la crudeltà delle gang locali, però, la spingeranno a tornare a vivere e a combattere per qualcosa.”
Bentrovati amici e amiche di Games Academy Funside! Per questa recensione ci dirigiamo direttamente nelle retrovie popolate dai veterani di una guerra fin troppo simile a quelle che conosciamo e di cui sentiamo ogni giorno.

Parleremo infatti di P.T.S.D.: LONTANA DA CASA, opera d’esordio di Guillaume Singelin, fumettista e illustratore noto per aver prestato il suo lavoro e le sue capacità nell’ambito di riviste, videogame e serie animate, oltre che per aver disegnato le illustrazioni della serie The Grocery (scritta da Aurélien Ducoudray).
Singelin ci trasporta in una caotica città dai tratti orientaleggianti. Mercati di strada e attività di bottega affollatissimi circondano alti palazzi a fianco di edifici dalle caratteristiche più tradizionali; a chiusura di questo affresco troviamo larghi canali navigabili, percorsi da imbarcazioni di svariata natura, soprattutto trasporti per persone e merci (dirette ai mercati di strada o vendute direttamente tra le imbarcazioni stesse).

Jun, questo il nome della nostra protagonista, è una veterana di guerra e, cosi come altri suoi commilitoni, affolla i vicoli e i sottopassi dei cavalcavia, fra l’immondizia e il degrado, in accampamenti di fortuna. A differenza dei suoi compagni però, Jun preferisce la solitudine all’aggregazione e in diverse occasioni, quando provano a convincerla ad unirsi a loro, “Stare in gruppo è più sicuro”, lei rifiuta categoricamente, arrivando persino ad usare la violenza pur di affermare la propria indipendenza (o paura di perderla?).
Jun si identifica da subito come una emarginata fra gli emarginati. Costretti a condurre una vita di stenti alla fine della guerra, i veterani cercano di sopravvivere in tutti i modi in una città (ma dopotutto questa città è un vero e proprio mondo a sé), che se non li rifiuta apertamente, sicuramente li ignora e li sopporta a malapena (la vita dei comuni cittadini, felici e sorridenti è in netto contrasto con la miseria della vita dei reduci, persone quasi appartenenti ad un’altra dimensione). Costretta a cercare da mangiare nella spazzatura o a rubare per trovare un po’ di sostentamento, il vero oggetto del desiderio di Jun, come per gli altri veterani, sono le pastiglie di antidolorifici, unico rimedio per sopportare i traumi del recente conflitto, la cui distribuzione è però completamente in mano alle gang criminali che sfruttano e spremono i veterani bisognosi fino al loro ultimo yon.

Jun si troverà all’improvviso a metà strada fra due scelte: lasciarsi andare e sprofondare in una spirale di degrado e decadimento, oppure reagire, trovare un nuovo scopo nella vita e cercare di combattere i problemi del passato, fare, per quanto possibile, pace con loro e tornare nuovamente a vivere. In questo bivio sarà aiutata da due personaggi distinti: la giovane Leona, madre single, con il figlioletto Bao che gestisce con le sue sole forze una tavola calda di strada e Grey, un vecchio soldato, veterano di una guerra precedente a quella affrontata da Jun, da cui riceverà Red, un cane che aiuterà Jun a non cedere alla disperazione, “non vuoi proprio mollarmi eh!”
Entrambi, in modi differenti, daranno alla nostra soldatessa la spinta e la motivazione a ribellarsi al “sistema” venutosi a creare, sfociando in due soluzioni diametralmente opposte e, all’apparenza, inconciliabili.
Jun è una soldatessa addestrata ad uccidere senza provare rimorso, ma ha imparato anche i rudimenti del primo soccorso dal medico della squadra, le conoscenze per salvare una vita, se necessario (e lei come cecchina è letale e capace di togliere la vita con un solo colpo ben piazzato). Trova quindi applicazione ad entrambe le sue “qualifiche” nella nuova realtà in cui vive: come giustiziera ingaggia una lotta (o meglio dire guerra?) senza quartiere con le gang che trafficano in antidolorifici e sfruttano i veterani per fare soldi e come medico, all’inizio con molte riserve, aiutando quando capita i suoi comillitoni feriti o malati.
E in entrambi i casi lei deve fare i conti col passato, con i frequenti flashback che ha della sua esperienza bellica, dei suoi compagni di squadra, di come lei si sia salvata (ferita nel fisico e nello spirito) e di come non si dia pace non solo (e forse non tanto) per la sua attuale condizione ma di come abbia potuto abbandonare (obbligata ovviamente) coloro che si fidavano e affidavano a lei “AH! Lo sapete no? Il mio lavoro è tenervi sempre d’occhio!”
Tutto questo porterà Jun su una strada molto pericolosa. La guerra alle gang non è semplice riscatto di se stessa, ma sfogo dei propri istinti e della propria violenza repressa “Ti piace essere un soldato, eh?” e questo rischia di gettarla in una nuova spirale senza fondo, fatta di morti e conflitti a fuoco. Guerra privata che comunque colpisce gli altri veterani, dato che diventeranno il bersaglio dei criminali per cercare di scovare e stanare questa minaccia ai loro traffici e porteranno al tempo stesso questi ultimi ad allontanarsi da Jun, vista come causa di tutti i loro mali (o meglio dei più recenti).
In P.T.S.D.: LONTANA DA CASA, Singelin analizza e tratta il Disturbo da Stress Post Traumatico attraverso una delle “categorie” più colpite da tale disturbo, ovvero i reduci e i veterani di guerra. Comprendendo come spesso il P.T.S.D. non venga considerato come un disturbo reale e diagnosticabile, Singelin vuole immergersi nella vita di coloro che sono costretti ad affrontarlo senza una rete di supporto o di aiuti e di come la società in cui queste persone vivono, o meglio sopravvivono, li tratti come persone invisibili.
Jun è ovviamente il cuore dell’opera, è un archetipo di donna forte ma sola e confusa. Vorrebbe trovare un posto nella società al suo ritorno dalla guerra, ne ha la determinazione ma anche una forte ansia che la porta alla solitudine, temendo di perdere la propria indipendenza di persona e in questo l’autore ha messo molto di se stesso. Sia in P.T.S.D., sia in The Grocery, si era interessato al tema e aveva avuto modo di guardare film su film che lo trattassero, da classici come Rambo e Full Metal Jacket a produzioni più recenti come Jarhead e The Hurt Locker.
Questa sua curiosità l’ha portato a creare la figura della veterana e reduce, che oltre ad essere, come abbiamo detto prima, l’archetipo della donna forte ma valicante nelle sue convinzioni, condivide pensieri e modi dell’autore, secondo il quale ciò aiuta ad iniettare un po di realismo in un mondo che rimane comunque immaginario.
Un mondo che Singelin realizza grazie al suo soggiorno a Tokyo. Colpito dalla stimolante capitale del Giappone, capace di far convivere lo stile ultramoderno dei grattacieli d’affari a fianco di botteghe e di edifici tradizionali. P.T.S.D. è ambientato in una città altrettanto vitale. Affascinato dal melting pot, attratto dalla diversità, dalla sensazione di essere circondati dall’umanità e al tempo stesso sentirsi soli. Il tutto ispirato non solo da pellicole come Akira o Ghost in the Shell, ma anche dalla cultura francese del padre e quella Lao della madre, convinto quindi che dall’incontro fra due culture possa nascere non sempre conflitto ma anche, e soprattutto, qualcosa di bello.
Il cibo e la cucina sono altri elementi importanti per Singelin e infatti li ritroviamo più volte in nell’opera: aiutano ad avvicinare e ad unire, a rendere le persone più vicine e meno sole.
Ma l’elemento più caratterizzante di P.T.S.D. è lo stile di disegno, volutamente cartoonesco, dai tratti morbidi e buffi che però nasconde una violenza che attende solo di esplodere. Se infatti veniamo catturati dall’aspetto tenero e “paffuto” dei personaggi (chi non ama Bao?), Singelin ci tira letteralmente un pugno dritto allo stomaco nel momento esatto in cui il primo proiettile viene sparato e il sangue inizia a scorrere e la vita a fluire fuori dal corpo morente del veterano ucciso per aver rubato le pastiglie agli spacciatori. Ed è solo l’inizio!
È un’opera prima, ma anche un’opera completa. Singelin realizza con grande bravura e maturità una storia che ti coinvolge dalla prima all’ultima pagina. Ti fa amare ed appassionare ai diversi personaggi (anche grazie allo stile di disegno come dicevamo prima) e ti coinvolge assieme a loro in una riflessione sugli esseri umani e, ovviamente, sulla sindrome da stress post traumatico. L’assenza di riferimenti geografici, di data e altro è frutto di questa universalità alla base del fumetto; è valido per qualsiasi contesto, più o meno recente, che vada dai reduci americani del Vietnam a quelli di ritorno dai conflitti in Medio Oriente.
P.T.S.D. si rivela un fumetto di grande attualità, sebbene l’autore stesso ammetta di non aver voluto specchiare la realtà cosi com’è, ma di aver voluto dedicarsi soprattutto alla narrazione di qualcuno che combatte per raggiungere la pace interiore.
Per questi e mille altri motivi (ho già detto di Bao?) vi consiglio di correre nel vostro Games Academy Funside di fiducia e recuperare P.T.S.D. – LONTANA DA CASA, nello splendido formato cartonato pubblicato dagli amici di Edizioni BD!

Come sempre io vi auguro buona lettura e alla prossima recensione!
Andrea
Il Disturbo da stress post-traumatico (Post Traumatic Stress Disorder) è una patologia che può svilupparsi in persone che hanno subìto o hanno assistito a un evento traumatico, catastrofico o violento, oppure che sono venute a conoscenza di un’esperienza traumatica accaduta a una persona cara.
- Autore: Guillaume Singelin
- Genere: Azione, Drammatico, Pubblico Adulto
- Editore: Edizioni BD
- Pagine: 210, cartonato a colori
- Prezzo: €19,50