Excalibur, imbecille!
In occasione dell’edizione 2010 di Lucca Comics and Games, si terrà un’iniziativa per addetti ai lavori ma interessante anche per chi è interessato a capire meglio come funziona il mercato dei fumetti in Italia : una tavola rotonda con diversi autori nostrani che verterà sulle condizioni di lavoro e sulla crisi del mercato fumettistico. Nel tentativo di farmi un’idea mi sono imbattuto nel blog di Roberto Recchioni.
Che dire, niente male. Roberto ha cercato di descrivere lo stato delle cose restituendone la complessità senza semplificazioni o facili accuse. Le colpe della spiacevole situazione italiana, a suo avviso, sono distribuite su tutti gli anelli della catena : gli autori, i lettori, gli editori e i distributori.
Una posizione del genere, per come la vedo io, può essere così sintetizzata : il mercato italiano fa pena.
Voglio dire, parliamoci chiaro, da noi il fumetto non viene ancora preso sul serio. E’ roba per il tempo libero,viene accettato nella misura in cui oggi gli adulti si divertono come i ragazzini con videogiochi, cartoni animati e, per l’appunto, giornalini.
Attenzione, però, guai a pensare che questi siano letteratura. Se leggi i libri sei uno colto, uno che legge,se leggi i giornalini sei classificato in una categoria che varia fra il rimbambito e quello che non rinuncia del tutto a essere un po’ bambinone. I fumetti, in Italia, non appartengono alla stessa categoria merceologicadella “cultura”, salvo qualche caso patrocinato dall’intellettuale di turno come l’inflazionato Maus di ArtSpiegelman, quindi chi ci lavora non ha il diritto a esser preso sul serio. Se disegni fumetti non fai un lavoro vero, non vorrai mica essere trattato come un lavoratore vero.Il mercato non è che una conseguenza di questa arretratezza culturale : a parte una minoranza di appassionati il grande pubblico, quello che fa muovere i soldi, non capisce il prodotto e non crea una domanda tale da dare agli autori il potere contrattuale di cui avrebbero bisogno. Facciamo fatica a leggere i libri, figuriamoci se dobbiamo perdere tempo con i giornalini.
La soluzione, anche questa tutta italiana, io la vedo nella fuga di cervelli. Qui non posso lavorare come si deve? Vaffa, prendo e me ne vado all’estero. L’amico Andrea “Red” Mutti, per esempio, ha avuto il coraggio di farlo e all’estero sta facendo sfracelli ma non è il solo.
Non occorre essere Manara per lavorare alla Marvel ( anche perché avere risultati artisticamente migliori dei suoi X-Men non è esattamente un’impresa titanica ), e gli Stati Uniti non sono l’unico paese ad avere una cultura fumettistica decente, basta scavalcare le alpi.
Grazie tante, mi direte, ma è possibile che per far qualcosa di buono un italiano se ne debba andare all’estero?
Beh, lo fanno anche i premi Nobel, cosa vuoi che sia se ci scappa uno che disegna i giornalini?
Stefano Tevini